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La tendenza alla burocratizzazione propria delle inquisizioni italiane del Seicento trova riscontro nei procedimenti del Tribunale del Sant'Ufficio della Curia diocesana sarnese. In un periodo nel quale si registra un aumento di denunce per la più attiva collaborazione di predicatori, confessori ed esorcisti, le procedure si abbreviano. La prassi è quella della spontanea comparitio, una specie di rito abbreviato, che comporta una riduzione di pena per coloro che si presentano pentiti davanti al giudice di fede. La comparizione però non è mai spontanea, ma frutto dell'azione coercitiva dei confessori, che negano l'assoluzione per alcuni reati-peccati, come la pratica della magia in tutte le sue forme, la blasfemia, la falsa santità, l'usura e l'istigatio ad turpia. È quanto emerge dalla lettura dei processi inquisitoriali conservati nell'Archivio Diocesano di Sarno (1680-1759), che vengono ora presentati in trascrizione dall'originale.